Da Apple ad Alphabet: la svolta di Warren Buffett verso l’infrastruttura dell’intelligenza artificiale
Ruben Dalfovo
Investment Strategist
Punti chiave:
La partecipazione di Berkshire in Alphabet segna un’inversione rispetto al vecchio “errore” su Google e riflette la convinzione che i futuri profitti dell’intelligenza artificiale si concentreranno su piattaforme solide e ricche di liquidità.
Forte slancio del cloud, investimenti massicci in data center e chip, e flussi di entrate ben diversificati trasformano Alphabet in un’opzione stabile per l’infrastruttura dell’IA.
La riduzione della quota in Apple e l’acquisto di Alphabet suggeriscono una preferenza per un’IA integrata nel cloud, nella ricerca e negli ecosistemi software, piuttosto che legata ai cicli dell’hardware.
Per anni, la vicenda di Warren Buffett con Google è stata vista come una lezione da non dimenticare. Ha ammesso pubblicamente che non aver acquistato il titolo fu un errore significativo, pur avendo assistito in prima persona alla trasformazione del motore di ricerca in una macchina pubblicitaria redditizia. Ora, nei mesi che precedono il passaggio del testimone a Greg Abel alla guida di Berkshire Hathaway, il gruppo ha discretamente acquistato una partecipazione da miliardi di dollari in Alphabet, la società madre di Google.
Le azioni di Classe C di Alphabet hanno chiuso il 17 novembre a 285,60 dollari, in rialzo del 3,11% nella giornata, spinte proprio dalla notizia dell’ingresso di Berkshire, che ha contribuito a portare il titolo su nuovi massimi storici. Le azioni sono cresciute di circa il 50% dall’inizio del 2025 e si confermano le migliori all’interno del gruppo delle cosiddette “Magnifiche Sette”. Quando un investitore orientato al valore, noto per evitare le mode passeggere, acquista un leader di mercato vicino ai massimi storici, la domanda che sorge spontanea è: cosa vede lui che a noi potrebbe sfuggire?
Da Apple ad Alphabet
Da dodici trimestri consecutivi, Berkshire è stata venditrice netta di azioni, inclusi gli ultimi tre mesi. Ha venduto titoli per circa 12,5 miliardi di dollari, acquistandone per circa 6,4 miliardi, lasciando che la propria liquidità salisse a un livello record di 381,7 miliardi di dollari. Un comportamento che difficilmente appartiene a chi pensa che tutto sia a buon mercato. Tuttavia, all’interno di questo contesto di vendite, si nasconde una ristrutturazione significativa del portafoglio.
Nel trimestre, Berkshire ha ridotto la propria partecipazione in Apple di circa il 15% e ha diminuito la quota in Bank of America di circa il 6%. Al contrario, Alphabet fa il suo ingresso come “nuovo arrivato” nel club dei primi dieci titoli detenuti. Secondo i documenti regolamentari e le analisi del portafoglio, la partecipazione si colloca ora intorno alla decima posizione tra le azioni in portafoglio, dietro a nomi storici come American Express, Coca-Cola e Chevron. Si tratta di una presenza rara per un conglomerato che per decenni ha puntato su ferrovie, assicurazioni e beni di consumo, più che su colossi del software ad alta crescita.
Ciò che è cambiato non sono tanto i principi di Buffett, quanto le aziende stesse. Apple, che lui ha sempre definito un marchio consumer, si trova oggi in un contesto in cui gli aggiornamenti hardware dipendono sempre più dalle funzionalità legate all’intelligenza artificiale. Allo stesso tempo, Alphabet appare sempre meno come una scommessa tecnologica e sempre più come un’infrastruttura indispensabile per l’economia digitale, con ricavi pubblicitari e cloud sorprendentemente stabili per una società che, in fin dei conti, è costruita su linee di codice.
Top 10 Partecipazioni
Variazione
Alphabet come infrastruttura dell’IA, non una semplice storia di gadget
Alphabet oggi si trova nel punto d’incontro tra l’ambizione dell’intelligenza artificiale e la solidità della generazione di cassa. Nel terzo trimestre del 2025, ha registrato ricavi per circa 102 miliardi di dollari, superando le previsioni degli analisti, con utili anch’essi oltre le attese. Il motore principale è stato Google Cloud, che è passato dall’essere un “extra interessante” a un vero e proprio motore di crescita, grazie alle società di IA che affittano la sua potenza di calcolo.
In aggiunta, i modelli Gemini di Alphabet e la ricerca potenziata dall’IA raggiungono ormai centinaia di milioni di utenti. Questi strumenti si basano su una rete globale di data center, chip personalizzati e fibra ottica, che quest’anno richiederanno un investimento di oltre 90 miliardi di dollari. In parole semplici, Alphabet punta a possedere sempre più “picconi e pale” della corsa all’oro dell’intelligenza artificiale.
La partnership con Anthropic aggiunge un ulteriore tassello. Google ha investito miliardi nella start-up e ha stretto un importante accordo per forniture di chip e servizi cloud, che dovrebbe generare flussi di lavoro futuri su Google Cloud. La partecipazione di Berkshire offre quindi un’esposizione indiretta a questo ecosistema: ogni query elaborata da Anthropic sui server Google rafforza il ruolo di Alphabet come infrastruttura fondamentale per l’IA.
Elemento cruciale: tutto questo si fonda su un bilancio estremamente solido. Alphabet è scambiata a circa 25 volte gli utili attesi, una valutazione inferiore rispetto ad alcuni altri colossi tecnologici, e continua a generare abbondante cassa libera grazie alla ricerca e a YouTube. Questi flussi finanziari possono finanziare l’espansione dei data center e, al contempo, sostenere i riacquisti di azioni, una combinazione perfetta per qualunque investitore in cerca di “aziende straordinarie a un prezzo equo”.
Cosa significa davvero la fiducia di Buffett
Il fatto che Buffett abbia acquistato Alphabet non rappresenta soltanto un’approvazione simbolica, ma riflette una visione precisa su dove si concentreranno i profitti dell’IA. Alphabet guadagna da pubblicità su motori di ricerca, YouTube, mappe, app store e servizi cloud. Qui l’intelligenza artificiale non è un prodotto a sé stante, ma un potenziamento che può aumentare l’engagement e la monetizzazione delle attività già esistenti.
Si tratta anche di una preferenza per l’infrastruttura rispetto ai dispositivi. Apple sta puntando su funzionalità di intelligenza artificiale integrate nei suoi device, ma il suo modello di business in questo ambito è ancora in evoluzione. Alphabet, invece, genera già ricavi grazie all’IA, tramite contratti cloud, strumenti pubblicitari e software per la produttività. La riduzione della partecipazione in Apple a favore di Alphabet suggerisce che Berkshire vede più valore futuro nei data center e nelle piattaforme software rispetto ai cicli legati agli smartphone.
Infine, è un promemoria del fatto che il mondo “tech” non è un blocco omogeneo. Alphabet potrebbe condividere l’etichetta di settore con start-up dell’IA in rapida crescita, ma il suo vantaggio competitivo, la capacità di generare cassa e i ricavi diversificati la avvicinano di più a quelle “macchine da compounding” che Buffett ha sempre prediletto.
I rischi che nemmeno Berkshire può ignorare
I rischi, però, non mancano. Alphabet potrebbe eccedere negli investimenti per la capacità legata all’IA, soprattutto se i clienti rallentano i progetti o se i concorrenti conquistano contratti importanti. Sarà importante monitorare la crescita di Google Cloud, i margini e le indicazioni sugli investimenti di lungo termine. Anche la regolamentazione rappresenta una minaccia concreta: norme antitrust o sulla privacy più stringenti, sia negli Stati Uniti che in Europa, potrebbero ridurre i margini di profitto nella ricerca e nella pubblicità, o costringere a cambiamenti nell’utilizzo dei dati.
Inoltre, l’esecuzione nel campo dell’intelligenza artificiale sarà decisiva. Alphabet ha avuto qualche inciampo nelle prime fasi dell’IA generativa e sta ancora cercando di recuperare terreno con i modelli Gemini e altri strumenti. Se utenti o clienti aziendali dovessero preferire soluzioni concorrenti, tutto l’investimento in chip e data center potrebbe offrire rendimenti inferiori alle attese, anche con Buffett tra gli azionisti.
Il messaggio finale: cosa ci insegna davvero la scommessa di Buffett su Alphabet
Per anni, Buffett ha affermato che non investire in Google è stato uno dei suoi più grandi errori. Alphabet era lì, sotto gli occhi di tutti, con profitti dalla ricerca e forti flussi di cassa, ma lui è rimasto alla finestra. Acquistarla ora, mentre si prepara a passare il testimone come CEO, è più di una semplice operazione conclusiva: è una dichiarazione silenziosa su come immagina il valore duraturo nell’era dell’intelligenza artificiale.
Per gli investitori comuni, il punto non è “comprare ciò che compra Buffett”. Piuttosto, è notare come anche il più classico tra gli investitori value sia disposto a possedere titoli legati all’intelligenza artificiale, purché si trovino all’interno di piattaforme diversificate, solide e comprensibili. I mercati continueranno a discutere se il prezzo di Alphabet sia troppo alto, troppo basso o nella giusta via di mezzo. Ma la domanda più utile è quella che Buffett si pone da oltre settant’anni: quali aziende puoi tenere in portafoglio, nei momenti buoni e in quelli difficili, perché capisci come guadagnano e perché sono destinate a durare?
Questo contenuto è materiale di marketing. Nessuna delle informazioni e analisi qui contenute costituisce consulenza in materia di investimenti. Il trading comporta rischi e le performance passate non sono un indicatore affidabile della performance futura. In questo contenuto potrebbero essere citati strumenti emessi da società partner, dalle quali la Capogruppo Saxo riceve pagamenti o retrocessioni.