Previsioni Oltraggiose
Oro alla patria? No, questa volta oro ai cittadini
Ruben Dalfovo
Investment Strategist
Investment Strategist
La storia dei robotaxi targati Tesla passa dalle promesse ai test sul campo, ma contano ancora di più le prove concrete che i post sui social.
Waymo e i leader cinesi stanno crescendo a un ritmo più rapido, mentre Uber trasforma i robotaxi in un gioco di piattaforme e marketplace.
I costruttori tradizionali arrancano su software e dati, ma alcuni riescono ancora a competere grazie a partnership strategiche e tecnologie di guida assistita.
Il sogno dei robotaxi torna ciclicamente, come un sequel di cui nessuno sente davvero il bisogno – eppure eccoci di nuovo qui, a guardare un altro trailer. Stavolta, però, c’è un elemento concreto a riaccendere l’interesse: secondo quanto riportato da Reuters il 15 dicembre 2025, Tesla sta testando i robotaxi senza un "safety monitor" sul sedile anteriore del passeggero, dopo aver lanciato a giugno un servizio limitato e geolocalizzato ad Austin. Per “geolocalizzato” si intende che le auto operano solo in un’area definita, e non ovunque e in qualsiasi momento. Nella stessa giornata del 15 dicembre 2025, il titolo Tesla ha chiuso a 475,31 USD, in rialzo del 3,6%.
La reazione dei mercati è significativa, perché l’autonomia dei veicoli non è un semplice aggiornamento tecnologico: rappresenta il potenziale motore di un modello di business completamente nuovo. I concorrenti, intanto, sono già operativi: Waymo, di Alphabet, offre servizi a pagamento con robotaxi; Apollo Go di Baidu si sta espandendo rapidamente in diverse città cinesi; Uber si propone come piattaforma di prenotazione; mentre General Motors ha rivisto le ambizioni di Cruise dopo una serie di battute d’arresto. Nel mondo dei robotaxi, vincere non significa avere la demo più spettacolare, ma riuscire a gestire flotte sicure su larga scala, città per città.
Il messaggio di Tesla è abbastanza semplice da finire su un cartellone pubblicitario: milioni di auto, un solo cervello software, e un futuro in cui la tua auto guadagna mentre tu dormi. L’aggiornamento più recente dei test è rilevante perché suggerisce che Tesla sta superando la fase delle prove supervisionate. Reuters segnala che l’azienda sta testando veicoli completamente vuoti e si sta preparando al lancio del “Cybercab” nel corso del prossimo anno.
Il vero vantaggio competitivo di Tesla è altrettanto chiaro: dimensioni della flotta e quantità di dati raccolti. Anche se oggi il sistema “Full Self-Driving” (FSD) non è ancora pienamente autonomo, Tesla accumula enormi volumi di filmati di guida reale, utili ad addestrare i sistemi sia nella gestione delle situazioni quotidiane che nei momenti imprevedibili – quelli che fanno sospirare i conducenti e preoccupare le compagnie assicurative.
Il punto critico, però, è che i robotaxi non sono un videogioco: non si possono correggere i bug dopo il lancio. Le autorità e gli enti regolatori devono essere certi che il sistema fallisca in modo sicuro, e non in modo "creativo". Nell’ottobre 2025, Reuters ha riferito che la National Highway Traffic Safety Administration statunitense ha aperto un’indagine su quasi 2,9 milioni di veicoli Tesla, in seguito a presunte violazioni del codice della strada e incidenti legati all’uso del FSD. Una simile attenzione è normale in questo settore, ma rallenta i tempi e aumenta i costi legati alla dimostrazione della sicurezza.
Se Tesla è la storia più rumorosa, Waymo rappresenta la prova più silenziosa. Secondo Reuters, Waymo – controllata da Alphabet – conta già oltre 2.500 robotaxi commerciali attivi in varie grandi città statunitensi, e un recente report parla di circa 450.000 corse a pagamento ogni settimana.
Anche i leader cinesi stanno crescendo, ma con una strategia diversa: un’espansione graduale, città per città, più collaborazioni con partner locali e una maggiore integrazione con le autorità regolatorie. Sempre secondo Reuters, Apollo Go – il servizio di Baidu – dispone di una flotta di oltre 1.000 veicoli completamente autonomi operativi in 15 città, ha superato gli 11 milioni di corse a maggio 2025 e sta ora lavorando su espansioni internazionali attraverso partnership.
In questo scenario, Uber gioca un ruolo fondamentale. L’azienda non sviluppa più l’intelligenza di guida, ma si posiziona come livello di domanda e distribuzione. Reuters riferisce che Uber e Baidu intendono lanciare migliaia di veicoli Apollo Go sulla piattaforma Uber nei mercati internazionali al di fuori degli Stati Uniti e della Cina continentale, con le prime implementazioni previste in Asia e Medio Oriente.
In parole semplici: se i robotaxi diventeranno realtà, il rapporto con il cliente e la posizione dell’app sullo smartphone potrebbero contare tanto quanto i sensori. Pensiamo meno a “casa automobilistica” e più a “scaffale di distribuzione”.
La maggior parte dei costruttori tradizionali eccelle nel realizzare automobili. Ma i robotaxi richiedono tutt’altro tipo di competenze: serve un sistema software capace di guidare, apprendere e superare controlli normativi. È un muscolo diverso, che costa caro sviluppare se si parte in ritardo.
Esiste anche un problema più profondo, legato alla logica del business. Un robotaxi nasce per sostituire molte auto private con meno veicoli, ma molto più utilizzati. Questo modello può funzionare bene per chi gestisce il servizio, ma può creare forti tensioni per le case automobilistiche che ancora basano i profitti sulla vendita di un numero sempre maggiore di veicoli.
Alcuni player tradizionali hanno già fatto un passo indietro rispetto all’idea di sviluppare robotaxi in autonomia. A dicembre 2024, Reuters ha riportato che General Motors ha deciso di interrompere lo sviluppo dei robotaxi all'interno della divisione Cruise, citando l’elevato impegno in termini di tempo e risorse necessario per crescere su larga scala.
Chi resta in partita, di solito, segue una di due strade. La prima è quella scelta dai brand premium o attenti alla sicurezza, che si concentrano su funzionalità di autonomia limitata e ben definite (come la guida a mani libere in condizioni specifiche), piuttosto che puntare su robotaxi completi. La seconda strada è quella dei produttori che accettano di non possedere l’intera filiera tecnologica e scelgono invece di collaborare con specialisti nell’autonomia e con fornitori di componenti hardware. Nvidia, ad esempio, svolge un ruolo chiave come fornitore di strumenti software e hardware computazionale utilizzati da molti sviluppatori. Il valore, in questo scenario, potrebbe distribuirsi su più livelli, e non solo sul logo della casa automobilistica.
I robotaxi sono prima di tutto un prodotto legato alla sicurezza, e solo in secondo luogo una fonte di ricavi. Un singolo incidente di rilievo può bloccare i lanci, innescare indagini e modificare la percezione del pubblico. Inoltre, il quadro normativo potrebbe diventare estremamente frammentato, con regole locali diverse da città a città, rallentando notevolmente la scalabilità rispetto a un’app globale per smartphone.
Il secondo rischio è legato all’economia del modello. Il futuro dei robotaxi dipende da un utilizzo intensivo, tempi di inattività minimi e un costo per miglio inferiore a quello di un conducente umano – anche dopo aver considerato manutenzione, supporto da remoto, mappatura e assicurazione. Se l’utilizzo non sarà abbastanza elevato, il modello inizierà ad assomigliare più a un taxi molto intelligente... e molto costoso.
Infine, esiste un rischio competitivo concreto. Se più reti operano nella stessa città, la pressione sui prezzi aumenta e i margini potrebbero essere ben più sottili di quanto la narrazione sulle “piattaforme” faccia immaginare.
I robotaxi promettono sempre una visione semplice: trasporti più economici, più sicuri e disponibili su richiesta. Ma la realtà è ben più complessa: guidare non è un solo problema, ma un milione di piccoli problemi, tra maltempo, cantieri stradali, ciclisti e l’imprevedibilità umana.
L’ultimo aggiornamento dei test di Tesla segna un passaggio importante: dal “un giorno” al “fammi vedere”, e questo è già un progresso. Ma l’esperienza di Waymo e dei leader cinesi ci ricorda che a vincere potrebbero essere le aziende che affrontano l’autonomia come un percorso lento, regolamentato, e non come un grande annuncio a effetto. Per gli investitori, l’approccio più sensato non è credere ciecamente né essere scettici per principio. È osservare le prove concrete, città dopo città, chilometro dopo chilometro, fino a quando il trailer non diventa finalmente un film.
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