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GPU vs TPU: i chip sviluppati da Alphabet possono davvero minacciare il primato di Nvidia nell'IA?

Azioni
Ruben Dalfovo
Ruben Dalfovo

Investment Strategist

Punti chiave

  • Nvidia mantiene la leadership nei chip per l’intelligenza artificiale (IA) generica, mentre le TPU di Alphabet competono soprattutto all’interno di Google Cloud per efficienza e costi.
  • Le TPU (tensor processing units) e le CPU Axion sviluppate da Alphabet le permettono di trattenere maggior valore economico internamente e di aumentare la competitività in termini di prezzi nel settore cloud.
  • La nuova partecipazione di Warren Buffett in Alphabet sembra essere una scommessa sull’infrastruttura dell’IA e non su un singolo vincitore nella corsa ai chip.

La silenziosa guerra dei chip dietro il boom dell’IA

Quando si pensa all’hardware per l’IA, la maggior parte degli investitori ha ancora un solo nome in mente: Nvidia. E non è sorprendente. Le sue GPU (graphics processing units) alimentano gran parte dell’addestramento dei modelli attuali e l’azienda è diventata il simbolo stesso dell’intero settore.

Eppure, dietro le quinte, Alphabet sta ricostruendo la propria infrastruttura tecnologica. Progetta TPU per i carichi di lavoro legati all’intelligenza artificiale e CPU Axion per l’elaborazione cloud generica. Questi chip funzionano all’interno dei data center di Google e, aspetto fondamentale, vengono messi a disposizione dei clienti tramite Google Cloud.

Per chi investe con un’ottica di lungo termine – incluso chi ha letto il nostro precedente approfondimento sulla scommessa di Buffett su Alphabet – la vera domanda è chiara: siamo di fronte a un potenziale rivale del primato di Nvidia o a una piattaforma che sfrutta in modo intelligente i chip per estrarre valore dal boom dell’IA?

GPU vs TPU: la stessa matematica, strategie diverse

Alla base dell’IA ci sono enormi quantità di algebra lineare. I modelli elaborano matrici di numeri, e per farlo rapidamente servono chip specializzati.

Le GPU sono nate per generare grafica per computer. La loro forza sta nella capacità di gestire molti piccoli calcoli in parallelo, caratteristica che si è rivelata perfetta per l’intelligenza artificiale moderna. Nvidia ha avvolto questi chip in una piattaforma software chiamata CUDA, costruendo attorno a essa un vasto ecosistema. Questo ha reso Nvidia la scelta di default per i laboratori di ricerca, i provider cloud e molte startup.

Le TPU, invece, sono una categoria a sé. Si tratta di chip acceleratori progettati da Google su misura per le reti neurali, quindi altamente ottimizzati per le operazioni su matrici che dominano sia l’addestramento sia l’inferenza dei modelli IA. Il risultato è un’elevata efficienza energetica e una grande velocità per carichi di lavoro ben mirati.

Ci sono due differenze pratiche fondamentali per chi investe.

La prima è la flessibilità. Le GPU di Nvidia sono acceleratori versatili: si possono acquistare da vari fornitori, inserire in molteplici sistemi e utilizzarle con diversi framework. Le TPU, al contrario, sono strettamente integrate con strumenti software di Google come TensorFlow e JAX, e operano quasi esclusivamente all’interno di Google Cloud.

La seconda è il controllo. Nvidia vende chip, mentre Alphabet possiede l’intera filiera: chip, data center e servizi cloud. Quando un cliente sceglie di utilizzare le TPU all’interno di Google Cloud anziché GPU di terze parti, una quota maggiore della spesa legata all’IA rimane all’interno di Alphabet. Non è qualcosa che fa notizia, ma incide notevolmente sui margini operativi.

Come Alphabet sta sfruttando il vantaggio di Nvidia

Alphabet ha già attraversato diverse generazioni nel suo programma TPU. La versione TPU v5p è alla base della sua offerta “hypercomputer” per l’addestramento dei modelli. Le generazioni più recenti, come la TPU Ironwood focalizzata sull’inferenza, puntano a gestire un numero elevatissimo di richieste IA in modo rapido ed economico, sia per i clienti sia per i prodotti di Google.

In parallelo, Google ha sviluppato Axion, la sua prima CPU custom basata su architettura Arm per i data center. Secondo quanto dichiarato dall’azienda, Axion supera di gran lunga i chip x86 tradizionali sia in termini di prestazioni sia per efficienza energetica. Insieme, Axion e le TPU permettono ad Alphabet di ottimizzare interi data center attorno ai propri chip, riducendo la dipendenza da Nvidia, Intel o AMD.

Ma è l’economia a raccontare davvero la storia. Google Cloud riporta che le istanze TPU v5e offrono prestazioni IA fino a quattro volte superiori per ogni dollaro speso rispetto a soluzioni di inferenza comparabili. Inoltre, case study recenti relativi alle TPU v6e – incluso quello di Introl – indicano che spostare carichi di lavoro adeguati da GPU Nvidia a TPU ha permesso di ridurre i costi di inferenza del 50%–65% in alcune implementazioni.

Questo non significa che Nvidia abbia perso la partita. I suoi chip restano l’opzione più supportata nei cloud e nelle installazioni locali. Per molte aziende, soprattutto quelle che danno priorità alla flessibilità o usano software non ancora ottimizzati per le TPU, Nvidia rappresenta ancora la scelta più sicura.

Ciò che sta cambiando è il potere contrattuale. Quando i grandi operatori cloud – come Alphabet, Amazon e Microsoft – sviluppano i propri acceleratori, non sono più costretti ad accettare prezzi e disponibilità imposti da Nvidia. Possono distribuire i carichi tra chip interni e GPU di terze parti, negoziare con i fornitori e trasferire parte dei risparmi ai clienti per guadagnare quote di mercato.

Il vantaggio di Alphabet è che i suoi chip sono già integrati in prodotti usati ogni giorno da centinaia di milioni di persone, da Ricerca e Maps a YouTube, Foto e ora la suite IA Gemini 3. In questo modo, il suo silicio rafforza un ecosistema già esistente, senza dover costruire un nuovo business da zero.

La scommessa di Buffett su Alphabet

L’ultima comunicazione 13F di Berkshire Hathaway ha rivelato qualcosa di inaspettato. Dopo mesi di vendite nette, è emersa una nuova posizione in Alphabet del valore di circa 4,3 miliardi di dollari, con quasi 18 milioni di azioni, mentre è stata ridotta la storica partecipazione in Apple. Alphabet è ora tra le partecipazioni azionarie più importanti del portafoglio Berkshire.

Buffett ha spesso dichiarato che non investire in Google anni fa è stato un errore. L’acquisto attuale sembra in parte voler correggere quella scelta, ma è anche un’operazione rivolta al futuro. Invece di puntare su un singolo chip, Berkshire sta sostenendo una piattaforma che:

  • guadagna dalla pubblicità e dalla ricerca online,
  • affitta capacità cloud ad altri attori dell’IA, e
  • gestisce sempre più questi servizi utilizzando chip sviluppati internamente.

Nell’articolo precedente sulla scommessa di Buffett, avevamo già osservato che si trattava di una decisione strategica legata all’infrastruttura dell’IA. La sfida GPU contro TPU rende semplicemente più visibile questa scelta implicita. Il silicio custom di Alphabet le consente di trattenere più valore legato all’IA, un vantaggio strutturale spesso apprezzato dagli investitori con mentalità “Buffett-style”.

Le insidie e i rischi

Nessuna storia, per quanto affascinante, è priva di rischi – e questa non fa eccezione.

Dal punto di vista tecnico, le TPU devono stare al passo con l’evoluzione rapidissima dei modelli IA. Se il settore si orienta sempre più verso strumenti ottimizzati per l’ecosistema Nvidia, le TPU rischiano di restare un’opzione potente ma di nicchia. La fiducia degli sviluppatori è difficile da conquistare e facilissima da perdere.

Dal lato della domanda, la spesa in IA è ancora ciclica. Sia Nvidia che Alphabet stanno investendo miliardi nei data center. Se i progetti IA delle aziende dovessero rallentare, o se i regolatori imponessero dei limiti ad alcuni utilizzi, l’eccesso di capacità potrebbe pesare sia sull’utilizzo dei chip sia sui margini dei servizi cloud.

A livello normativo, Alphabet continua a essere sotto esame in tema di concorrenza e uso dei dati. Regole antitrust più severe o nuovi standard di privacy potrebbero ostacolare l’integrazione dell’IA nei suoi prodotti, rallentando la capacità di monetizzare i vantaggi di costo legati alle TPU.

Per Nvidia, il rischio di lungo periodo non è solo la concorrenza sui chip, ma il fatto che clienti strategici come Alphabet, Amazon e Microsoft stanno progressivamente internalizzando una parte sempre maggiore della catena del valore.

Un semplice vademecum per investitori

Per gli investitori di lungo periodo che vogliono orientarsi in questo scenario, ecco alcune regole pratiche da tenere a mente:

  • Pensare a Nvidia come al riferimento principale per gli acceleratori IA generali e ad Alphabet come a una piattaforma ampia che può contare su un vantaggio competitivo legato ai propri chip.
  • Monitorare metriche come la crescita dei ricavi di Google Cloud, la spesa in conto capitale e le comunicazioni relative all’adozione di TPU e Axion, oltre agli annunci legati a Gemini.
  • Prendere con le pinze dichiarazioni audaci come “4 volte più economico” o “il chip più veloce di sempre”. Meglio concentrarsi su case study reali e sull’andamento dei margini.
  • Usare la diversificazione per non legare il proprio portafoglio a un’unica visione del futuro dell’IA o a un singolo vincitore nella corsa ai chip.

Conclusione: chi controlla davvero il futuro dell’IA?

La prima ondata dell’IA ha insegnato agli investitori a osservare Nvidia. Le sue GPU hanno fornito la potenza necessaria a trasformare il machine learning da curiosità da laboratorio a strumento di uso quotidiano, e il titolo ha seguito questa crescita.

La nuova ondata ci porta una domanda più profonda: chi controlla l’infrastruttura che trasforma quella potenza in profitto sostenibile?

Le TPU e le CPU Axion di Alphabet rappresentano una possibile risposta. Consolidano maggiormente la catena del valore all’interno dell’azienda, riducono i costi e offrono a Google Cloud uno strumento più efficace per competere sui prezzi. Ecco perché il mercato ha premiato Alphabet negli ultimi giorni, e perché la nuova partecipazione di Berkshire Hathaway pesa più di tante dichiarazioni sull’IA.

Per chi investe guardando al lungo periodo, il vero vantaggio potrebbe non essere nell’indovinare il chip vincente, ma nel puntare sulle piattaforme che decidono – in silenzio – come quei chip verranno utilizzati.






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